| La mezzanotte di Halloween
Là dove finisce la città, trenta minuti alla mezzanotte della vigilia del giorno di Ognissanti, nella tenebra che più nera non poteva essere. Ma ad un tratto una tenue luce, un lampione lontano, echi di risate e di conversazioni da ragazzini e Paolo, seduto su una panchina, nel buio riusciva a sentirli, a percepirli e questo non gli andava. Pensò fra sé:” Lasciatemi solo, nei miei pensieri neri; lasciatemi solo a cercare di dargli un po’ di luce”; ma gli schiamazzi restavano, vedeva ombre alla fioca luce di quel lontano lampione, ombre fugaci che apparivano per un attimo. Guardò l’orologio che per fortuna era digitale e con l’illuminazione poté vedere l’ora: dieci minuti alla mezzanotte; gli venne sonno, Ebbe il desiderio di stendersi su quella panchina e di dormire ma con gran fastidio scoprì che non era possibile: sentiva che loro, quelli che parlavano e ridevano erano più vicini, più alto è il rumore e ad un tratto li percepì attorno a sè e nervosamente guardò ancora l’orologio: cinque minuti alla mezzanotte. Era esausto, cascava dal sonno ma riuscì ad alzarsi ed andare via, via da quel posto, via da quel non luogo, via verso il ritorno alla città con le sue luci, con i suoi tranquilli abitanti, con un pugno di bambini mascherati che anche fino a mezzanotte, accompagnati dai genitori, vagavano qua e là cercando di imitare la festa di Halloween come se fossero bambini americani. Ma ad un tratto Paolo guardò ancora l’orologio: segnava ancora cinque minuti alla mezzanotte, era ancora là, l’illusione finì e lui si ritrovò ancora là, con l’unica, tenue luce di quel lontano lampione con ombre che apparivano e scomparivano e le risa, quelle tremende risa di chi vive là, dove finisce la città.
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